critiche

Lorenzo Bonini

Lo spirito nella pittura

La sua più recente ricerca e, mi riferisco essenzialmente al lavoro compiuto negli ultimi anni, Gianmaria Bonà l’ha attuato in un percorso di studio interessante sia in pittura che in scultura.
Colpisce, in particolare il passaggio da rapporti modular-strutturali; come ad esempio viene presentata incorniciata l’opera in un sistema di multi cornici, poste una sopra l’altra con movimento a spirale che donano un significato concreto agli elementi compositi delle stesse; contenenti il pannello pitturato colmato da un estroso colore monocromo, tipo: fondo oro alla base con interventi di acidi, distribuiti e controllati sulla superfice con interventi manuali a pennello in rapida esecuzione, come voler improntare l’opera sulla diversità del soggetto.

L’approccio alle tematiche modulanti e strutturali le aveva già sperimentate come base, sempre ben presenti nella sua ricerca come elementi nuovi di contestazione straordinaria sulla banalità del campo che circoscrive il soggetto; al quale ha opposto delle articolazioni formali, che mirano a prendere per mano il fruitore e immetterlo in un più critico sistema di visione e poterle giudicare per quelle che sono: uno spettacolo allestito non tanto
per l’occhio ma per la mente. Gianmaria Bonà percorre in tal modo una tra le diverse vie possibili della contestazione dell’arte contemporanea-merceologica, nelle sue disparate ramificazioni.

Nel seguire questa via, e, bisogna ancora una volta sottolinearlo, con gli intenti che si è trovato a un dato momento di fronte ad uno spazio più puro al limite d’una rarefazione estrema. Ed è in questo momento che il suo
percorso segna quella che potrebbe apparire come un’inversione di rotta, e altro non è che il passaggio da una negazione critica ad una costruzione poetica, ad un’idea positiva. In quello spazio disintossicato dalle presenze epidermiche e degli accumuli di pensieri passivamente recepiti, egli è andato ponendo segni organizzati sia in rapporto a proprie leggi interne di autoregolazione, sia in rapporto a suggestioni straordinarie lirico-psicologiche, connesse ad una linea di sondaggio nel profondo dell’emozionalità e dei retroterra preconsci in questa evocazione allusiva di una realtà astratta.

Quindi tutte le critiche formali della fase precedente vengono ora impiegate alla costruzione di fatti irreali personali compromessi, cioè, con gli umori e le idee dell’artista stesso in quanto uomo. L’informale è soprattutto la chiave metodologica di una indagine su sé stesso che, le consente di usare la creatività come mezzo specifico per accedere all’inconscio e fare riemergere il suo io più nascosto. Eseguire forme del tutto astratte e senza nessuna attinenza con il conoscibile, significa sapersi liberare dà dai limiti naturalistici della rappresentazione, per privilegiare il gioco cromatico e soprattutto la libertà interpretativa degli stati d’animo. Concedendosi la facoltà di associare e imporsi allo sguardo senza mediazioni di tipo concettuale o teorico e, gli effetti visivi delle sue opere corrispondono quindi alla sostanza stessa del suo rapporto istintivo con la materialità dello spirito della pittura.

I temi dell’altrove,che sono rappresentati dalle vibrazioni tonali dei colori degli acidi, dai filamenti cromatici, dalle cascate liquide sulla superfice color oro del supporto rappresentano la parte poetica di Gianmaria Bonà. Nel
loro brulichio sottolineato dalla qualità tenera e spirituale, al tempo stesso acidula del colore, queste opere meritano una lettura attenta. Proprio perché rifiutano la facilità comunicativa dei linguaggi artistici oggi in uso; i suggerimenti abbisognano di un tempo di lettura adeguato che essi oppongono al consumismo culturale.

Polemiche e perché no? Non c’è davvero ad aver paura di questa parola, queste opere convocano il fruitore ad un atto che è altrettanto critico di quello delle precedenti ricerche, ma che tuttavia gli propongono un più diretto coinvolgimento. Penso per esempio a come abbia saputo ben rappresentare il campo pittorico nelle opere oggi esaminate, eliminando le sue tipiche tonalità coloristiche fondati, ma puntando su di una spiritualità pittorica endemica diffusa, raffinata e garbata, che sviluppa e contribuisce a portare avanti itinerari culturali articolati da sperimentazioni d’avanguardia.

Gianmaria Bonà attua un suo pieno riconoscimento d’artista tenace nella sua bella Brianza e non credo che sia questo un risultato da poco, e c’è da sperare che, proprio dall’occasione di questa sua mostra egli riceva dalla critica e dal pubblico avveduto un elogio magniloquente

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